Parliamo di questo grande compositore inglese, che passò dal jazz al neoclassicismo stravinskiano, scrisse una Prima sinfonia fra le più belle della storia, poi ripiegò per anni su uno stile più tradizionale, d'impronta vagamente sibeliana, fino ad interessarsi, in tarda età, di serialismo con il Concerto per violoncello e la Seconda sinfonia. Nel suo percorso vorace, non rinunziò nemmeno alla musica da film, regalandoci perle poi passate al repertorio sinfonico come lo "Spitfire" Preludio e Fuga.
In questo eclettismo, in questo suo cercar di temperare il gusto della sperimentazione con un tradizionalismo da buon inglese, mi ricorda da vicino un altro grande compositore inglese del '900, Vaughan Williams, che scrisse una Romanza per armonica a bocca, nonché partiture per complessi bandistici e per orchestre di dilettanti. Anche Ralphy, inoltre, fu eclettico: s'interessò di canto popolare britannico e di musica antica, fece sua certa severità contrappuntistica e certo neoclassicismo di Hindemith, ma utilizzò perlopiù una tavolozza orchestrale di evidente derivazione francese (ma a volte preferì un'austerità timbrica stravinskiana: cori a cappella, soli archi, ecc.) E' un po' come comparare Giorgio De Chirico con Alberto Savinio.
Dedicherò il prossimo post a RVW (adesso il tempo mi sta per finire). Alla spicciolata, la differenza più evidente fra i due risiede nella nitidezza del tratto di Walton, che si contrappone al tratto sfocato di Ralph Vaughan Williams. Non m'interessa sapere chi dei due si preferisce, vorrei che postassimo, a ruota libera, le nostre opinioni, impressioni ecc. su questi due compositori, cercando di far venire fuori a poco a poco somiglianze e differenze, in un'indagine sulla musica inglese, sui suoi rapporti con la tradizione europea (ma anche sulle sue analogie, forse casuali, con la musica americana, come una volta, altrove, notò Sarlatàn), partendo dal presupposto che l'Inghilterra musicale non poteva fare a meno di nessuno dei due.
Ho preferito concentrarmi su questi due autori e non estendere il discorso anche, per esempio, a Britten, sia perché quest'ultimo lo conosco di meno, sia perché ritengo che sia meglio focalizzare prima questi due compositori e poi passare oltre. Credo che essi siano infatti le "punte eccelse" di una tradizione che, passando per Elgar, arriva fino a loro, e che la nuova generazione raccolga quest'eredità aprendo un nuovo capitolo (faccio un esempio: l'interesse di Britten per l'antica musica inglese, più sistematico e rigoroso -e meno creativo- di quello di RVW, ma che forse senza RVW non ci sarebbe stato).
Naturalmente, se non siete d'accordo su quest'assunto di partenza, potete tirarmi i pomodori in faccia.